Diciamoci la verità, anche se dolorosa, se l’Italia è ridotta nello stato attuale, la responsabilità non è tanto dei politici che l’hanno governata, ma degli Italiani che li hanno votati. Questo vale ovviamente per ogni Paese, ma l’anomalia del berlusconismo, della corruzione endemica, dell’inciucio permanente e del trasformismo è fenomeno tutto italiano.
Anzi, questa nostra peculiarità, con la globalizzazione, ultimamente sembra aver contaminato anche altri Paesi europei, visto il crescere di malaffare, individualismo, ipocrisia e cinismo politico.
In questo senso siamo stati dei veri precursori. Siamo riusciti ad esportare il berlusconismo a livello mondiale, con l’aggravante e contemporaneamente il potenziale vantaggio che, almeno in Italia, la possibilità di un radicale e necessario cambiamento oggi ci sarebbe. Siamo gli unici, a parte forse la Spagna, che siamo riusciti a produrre, come anticorpo, una consistente forza di opposizione alternativa al sistema.
Certo, è innegabile che i media abbiano contribuito molto all’ immobilismo politico italiano e a condizionare il voto dell’elettorato, con disinformazione e manipolazione delle notizie a favore il potere costituito. Spesso, anche i giornali più obiettivi, ne hanno comunque fatto il gioco, offrendosi come cassa di risonanza, come all’ epoca del berlusconismo.
Il quarto potere e la sua mutazione genetica, con le sue degenerazioni schizzofreniche è del resto visibile anche nei tanti eccessi della campagna presidenziale americana, gioca sempre più un ruolo fondamentale nella manipolazione dei cervelli. Ma questa non può essere una giustificazione per i cittadini.
Oggi, in rete, esistono strumenti di controinformazione ed ogni cittadino, per quanto fragile o privo di cultura, avrebbe il dovere di informarsi, di uscire dalla sua pigrizia mentale, dalla tendenza a delegare ad altri e formarsi una coscienza critica. Qualcosa sta cambiando negli ultimi tempi ma troppo lentamente. L’italiano medio resta, in troppi casi, un “personaggetto”, opportunista, a volte disonesto intellettualmente, abituato a salire sul carro del vincente e a seguire il gregge. Qualcuno negli anni peggiori del governo Berlusconi lo ha definito, forse non a torto: il classico “italiota”.
D'altra parte, in un Paese dove tanti diritti e libertà sono state soppresse, senza che neppure molti se ne siano accorti, l’unica arma rimasta è appunto quella del voto e, quando prevale il voto “italiota”, purtroppo tutti ne pagano le conseguenze. Forse prima di votare, o astenersi, uno dovrebbe pensarci con maggior senso di responsabilità collettiva e non solo personale.
Dal tempo dei Guelfi e Ghibellini, siamo purtroppo avvezzi a dividerci in fazioni contrapposte e tifoserie fuorvianti e gli Italiani non hanno mai avuto, salvo in situazioni limite della storia, il coraggio di mettersi in gioco e di superare la paura del cambiamento anche se necessario. Il suo conservatorismo e pigrizia lo spinge spesso ad una accettazione che sfiora l’autolesionismo.
Possiamo dire che in Italia, morto un berlusconismo se ne fa sempre un altro. Morto il renzismo, se ne farà probabilmente un'alta copia, sotto la guida di un altro leader della partitocrazia che, proprio per questo, è oggi riunita per cambiare la legge elettorale in chiave anti-m5s senza che nessuno si indigni .più di tanto. Lo si considera normale. Capite bene che, se si arriva a truccare anche le regole del gioco alterando il voto, senza che quelli che dovrebbero essere i garanti dei principi base della democrazia intervengano o la gente si mobiliti nelle piazze ( un ricordo ormai lontano), non abbiamo più speranza?
Un'altra dimostrazione evidente della passività di troppi Italiani sta nel fenomeno dell’astensionismo. Come se astenersi per protesta producesse dei frutti. Il potere in carica gongola se il popolo bue si astiene perché, ovviamente, diminuisce il rischio di perderlo a vantaggio dell’opposizione.
In questo quadro, per quelli, come me, che mai, in tanti anni, hanno votato per i partiti che ci hanno non governato, considerandoli facce della stessa medaglia taroccata, ma li hanno dovuto subire, non resta che sperare in un miracoloso scatto d’orgoglio e di dignità che, ogni tanto, storicamente, si risveglia anche il popolo italiano. Non resta che sperare di “non morire democristiano,” che maturi quella crescita di consapevolezza e coraggio di cambiare che produsse il risorgimento, la lotta partigiana anti-fascista e, in seguito, quella Costituzione, a garanzia di tutti i cittadini, che ora poteri forti e loro burattini politici vorrebbero cancellare.
Se non avverrà, almeno risparmiateci gli ipocriti lamenti, lo sterile piagnisteo contro una casta politica ancora al potere. Ce l’avete messa voi.
Anzi, questa nostra peculiarità, con la globalizzazione, ultimamente sembra aver contaminato anche altri Paesi europei, visto il crescere di malaffare, individualismo, ipocrisia e cinismo politico.
In questo senso siamo stati dei veri precursori. Siamo riusciti ad esportare il berlusconismo a livello mondiale, con l’aggravante e contemporaneamente il potenziale vantaggio che, almeno in Italia, la possibilità di un radicale e necessario cambiamento oggi ci sarebbe. Siamo gli unici, a parte forse la Spagna, che siamo riusciti a produrre, come anticorpo, una consistente forza di opposizione alternativa al sistema.
Certo, è innegabile che i media abbiano contribuito molto all’ immobilismo politico italiano e a condizionare il voto dell’elettorato, con disinformazione e manipolazione delle notizie a favore il potere costituito. Spesso, anche i giornali più obiettivi, ne hanno comunque fatto il gioco, offrendosi come cassa di risonanza, come all’ epoca del berlusconismo.
Il quarto potere e la sua mutazione genetica, con le sue degenerazioni schizzofreniche è del resto visibile anche nei tanti eccessi della campagna presidenziale americana, gioca sempre più un ruolo fondamentale nella manipolazione dei cervelli. Ma questa non può essere una giustificazione per i cittadini.
Oggi, in rete, esistono strumenti di controinformazione ed ogni cittadino, per quanto fragile o privo di cultura, avrebbe il dovere di informarsi, di uscire dalla sua pigrizia mentale, dalla tendenza a delegare ad altri e formarsi una coscienza critica. Qualcosa sta cambiando negli ultimi tempi ma troppo lentamente. L’italiano medio resta, in troppi casi, un “personaggetto”, opportunista, a volte disonesto intellettualmente, abituato a salire sul carro del vincente e a seguire il gregge. Qualcuno negli anni peggiori del governo Berlusconi lo ha definito, forse non a torto: il classico “italiota”.
D'altra parte, in un Paese dove tanti diritti e libertà sono state soppresse, senza che neppure molti se ne siano accorti, l’unica arma rimasta è appunto quella del voto e, quando prevale il voto “italiota”, purtroppo tutti ne pagano le conseguenze. Forse prima di votare, o astenersi, uno dovrebbe pensarci con maggior senso di responsabilità collettiva e non solo personale.
Dal tempo dei Guelfi e Ghibellini, siamo purtroppo avvezzi a dividerci in fazioni contrapposte e tifoserie fuorvianti e gli Italiani non hanno mai avuto, salvo in situazioni limite della storia, il coraggio di mettersi in gioco e di superare la paura del cambiamento anche se necessario. Il suo conservatorismo e pigrizia lo spinge spesso ad una accettazione che sfiora l’autolesionismo.
Possiamo dire che in Italia, morto un berlusconismo se ne fa sempre un altro. Morto il renzismo, se ne farà probabilmente un'alta copia, sotto la guida di un altro leader della partitocrazia che, proprio per questo, è oggi riunita per cambiare la legge elettorale in chiave anti-m5s senza che nessuno si indigni .più di tanto. Lo si considera normale. Capite bene che, se si arriva a truccare anche le regole del gioco alterando il voto, senza che quelli che dovrebbero essere i garanti dei principi base della democrazia intervengano o la gente si mobiliti nelle piazze ( un ricordo ormai lontano), non abbiamo più speranza?
Un'altra dimostrazione evidente della passività di troppi Italiani sta nel fenomeno dell’astensionismo. Come se astenersi per protesta producesse dei frutti. Il potere in carica gongola se il popolo bue si astiene perché, ovviamente, diminuisce il rischio di perderlo a vantaggio dell’opposizione.
In questo quadro, per quelli, come me, che mai, in tanti anni, hanno votato per i partiti che ci hanno non governato, considerandoli facce della stessa medaglia taroccata, ma li hanno dovuto subire, non resta che sperare in un miracoloso scatto d’orgoglio e di dignità che, ogni tanto, storicamente, si risveglia anche il popolo italiano. Non resta che sperare di “non morire democristiano,” che maturi quella crescita di consapevolezza e coraggio di cambiare che produsse il risorgimento, la lotta partigiana anti-fascista e, in seguito, quella Costituzione, a garanzia di tutti i cittadini, che ora poteri forti e loro burattini politici vorrebbero cancellare.
Se non avverrà, almeno risparmiateci gli ipocriti lamenti, lo sterile piagnisteo contro una casta politica ancora al potere. Ce l’avete messa voi.
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